(edited by) Matthew Fuller – Software Studies: A Lexicon

Matthew Fuller

book – MIT Press – ISBN 9780262062749
Alcuni anni fa Lev Manovich chiedeva che i “software studies” fossero ufficializzati come un campo interdisclipinare capace di ripensare i media programmabili attraverso le interfacce della cultural theory e dell’informatica. Concepito in parte contro i resoconti “speculativi” su realtà virtuali e cyber-identities, questo ri-orientamento mirava ad una materialità più densa, rimettendo in secondo piano la composizione tecnica dei sistemi digitali. Qui i documenti d’ingegneria erano fonte d’ispirazione tanto quanto Gilles Deleuze o Marshall McLuhan, risultando in una svolta materiale costituita da lavori parecchio impegnativi come le teorie di rete “protocologiche” di Alex Galloway o le più recenti analisi investigative dei dischi rigidi di Matthew Kirschenbaum. “Software Studies: A Lexicon” edito da Matthew Fuller, dovrebbe essere esplicitamente posizionato in relazione a questa transizione e ai relativi interessi. In un certo senso, questa antologia rappresenta un’ampia mappatura di quella nuova generazione di teorici e programmatori che hanno lavorato per stabilire questo recente rigore sposato ad una notevole complessità. Secondo Fuller, ci sono due ragioni principali dietro la scelta del titolo: la struttura in brevi saggi, organizzati tenendo presente la materia del software “in alcune o nelle molte maniere in cui esiste, in cui è esperienziato e su cui si riflette, e mostrando, dall’interazione di esempi concreti e di molteplici forme di rapporto, “le condizioni di possibilità” che il software implementa”. La seconda ragione è che tutto ciò risulta dall’applicare prospettive provenienti da campi o discipline che hanno tradizionalmente poco a che fare con il software in maniera diretta, come la filosofia, la storia o gli studi di cultura visiva. Costituito da dozzine di voci, strutturate per parole chiave (come ad esempio “algorithm”, “codex”, “function”, “glitch”, “function”, “loop”, “variable”), questo lessico fornisce un’affascinante panoramica di uno dei campi emergenti. Con saggi di Jussi Parikka, Wendy Chun, Florian Cramer, Warren Sack, Adrian McKenzie, Nick Monfort, Friedrich Kittler, Olga Goriunova, Alexei Shulgin e Graham Harwood, “Software Studies” è un’eccellente e provvidenziale riferimento per artisti, programmatori e teorici che lavorano regolarmente con o attraverso il quotidiano codice delle macchine digitali.

Michael Dieter