Emotoscope, la macchina del tempo emozionale

Emotoscope

Il giapponese Kenichi Okada, col suo Emotoscope, lavora molto sulla percezione del video nei singoli individui e sul loro background emotivo. L’emotoscope in sè è una videocamera che l’autore porta in giro, per poi essere in grado di riprodurre e rivolgersi al vissuto di chi filma da un punto di vista completamente diverso. Infatti una volta che la device ha registrato le immagini le modifica dandogli un tocco da cinema muto, l’aspetto di storie lontane, vive ormai solo nel ricordo di chi le ha vissute. Ciò che ha spinto Okada a realizzare questa device è la possibilità di poter vedere indietro nel tempo le mille cose a cui non si è prestato attenzione e sentire la loro mancanza, realizzare il valore intrinseco di ogni momento che riusciamo a trasformare in atto solo quando acquista per noi importanza. Okada però dà per scontate una serie di premesse che in realtà si fondano esclusivamente sulla ricezioe individuale di tali video, la cui interpretazione riempie di senso la sua invenzione solo se in accordo con la sua, solo se per tutti gli user di emotoscope si relizza l’epifania nostalgica. Riconoscibile sembra inoltre il tema del vuoto, dell’assenza, caro alla cultura giapponese, tesa ad esprimersi spesso per mancanze struggenti, ed irrimediabilmente irraggiungibili. Dove l’uomo non arriva si cerca di affidarsi alla tecnologia, come negli anime ci si affida ai “robottoni” per sottrarre l’umanità ad una fine crudele, allo stesso modo Okada si affida a emotoscope per imparare a non creare più vuoti.

Tony Canonico