Memetic simulation no. 2: shooting game e omogeneizzazione culturale

Joseph Hocking

Shoot’em up (or shump for shot) è un sottogenere nel settore dei videogiochi di natura piuttosto stilizzata, in cui il giocatore controlla un mezzo o un personaggio e combatte un ampio numero di nemici durante scontri a fuoco. In Giappone, dove il genere è ancora molto apprezzato, simili videogiochi sono noti semplicemente quali “shooting games”. Come tutti i giochi di sparatoria anche questo sottogenere si concentra sulle azioni dell’avatar che utilizza un qualche tipo di arma. Generalmente l’arma in uso è una pistola oppure un’arma ad ampio raggio. Ma che accadrebbe se il giocatore fosse dotato non di una pistola ma di un “meme”? Il gioco si trasformerebbe in una simulazione mimetica come nel progetto di Joseph Hocking dal titolo memetic simulation no. 2. Per memetica si intende un approccio neo-dewiniano ai modelli evoluzionistici di trasferimento culturale basato sul concetto di “meme”. Prendendo spunto da una metafora usata nei testi divulgativi di Richard Dawkins, la mimetica si è nel tempo trasformata in una delle correnti che studia l’autoreplicazione delle unità culturali. Ne Il gene egoista (1976) Dawkins utilizza il termine “meme” per descrivere una unità di cultura umana trasmettibile, simile al gene, sostenendo che il processo di riproduzione avviene anche a livello culturale. Questo pacchetto di informazione può influenzare ciò che gli sta intorno in qualità di agente scatenante e si può propagare. Basandosi su tale principio, Joseph Hoking, artista 3D che vende animazioni per Second Life e insegna arte digitale in diverse scuole tra cui la School of the Art Institute of Chicago, ha sviluppato un prototipo di gioco in cui i personaggi si “gridano” addosso parole come da un lanciafiamme. Il gioco utlilizza grafica 3D interattiva e un sistema narrativo ricombinante dove l’interazione avviene attraverso touchscreen. Quando uno dei personaggi entra in contatto con il flusso di parole emesso da un altro personaggio, il primo incorpora queste parole nel suo archivio di idee. Nel tempo sempre più personaggi diranno le stesse cose, fino a raggiungere la situazione limite in cui l’intera comunità usa le stesse parole. “Quando la simulazione si accorge che questo punto limite è stato raggiunto, lo schermo dissolve a nero e tutto riparte da una randomica distribuzione di idee, ripetendo il processo di omogeneizzazione della societa’” dice Hoking. Quel che tuttavia manca in questa simulazione è la definizione di meme come variante. I memi sono infatti pacchetti di informazione che vengono copiati attraverso un processo di selezione e variazione. Dal momento che solo alcune delle varianti sopravvivono, i memi (e da qui la cultura umana) evolvono. I memi, copiati per imitazione, attraverso l’insegnamento o con altri metodi, competono per lo spazio nella nostra memoria e per l’opportunità di essere ulteriormente riprodotti. Dal momento che il processo di apprendimento sociale varia da persona a persona, l’imitazione non può essere un’esatta riproduzione. La stessa idea può infatti essere espressa attraverso l’aiuto di memi diversi. Questo per dire che il tasso di mutazione nell’interazione memetica è piuttosto alto e che le mutazioni sono possibili all’interno di ogni singola interazione. Ecco perché memetic simulation n0. 2 è più appropriatamente una metafora dell’atteggiamento aggressivo e di conquista della comunicazione di massa più che della omogeneizzazione della società. E’ piu’ propriamente un “shout them up” game, ovvero un gioco che zittisce.

Valentina Culatti