(edited by Katharina Dohm, Heinz Stahlhut, Max Hollein and Guido Magnaguagno) – Kunstmaschinen Maschinenkunst, Art Machines Machines Art

Art Machine Machine Art

book – Kehrer Verlag – ISBN 9783939583400
Art Machines Machine Art photo set
La produzione fisica autonoma di una macchina è spesso stata percepita come “magica”. La percezione che un’entità inorganica possa produrre qualcosa di “nuovo”, quando non di “originale” è già stato ampiamente dibattuto, ma la fascinazione dei risultati continua ad essere un dato di fatto, che sottende ad una sorta di imperscrutabile “intelligenza”. Essenzialmente questo tipo di macchine si muovono (=danno segni di vita), ricevono alcuni input (=processano dati), e producono un output (=assemblano qualcosa di nuovo dal vivo). Si tratta di un loop potenzialmente infinito, che viene esplorato ancora più in profondità dagli artisti, spesso focalizzandosi sul come rendere l’output imprevedibile. Jean Tinguely è in questo senso un progenitore del moderno concetto di “automatique”, includendo gli oggetti quotidiani in una nuova struttura funzionale/fittizia. I (sorprendenti) meccanismi, d’improvviso generano senso. Quanto questo senso possa essere “originale” è una questione aperta, che a sua volta apre un controverso dibattito sull’unicità dell’opera d’arte. I curatori di questa mostra, tenutasi alla Schirn Kunsthalle di Francoforte, rifuggono elegantemente questa questione poco importante, sostenendo che le loro scelte sono state fatte privilegiando i lavori dal carattere “processuale”. Quest’ultimo può essere trovato in ogni lavoro in mostra, dalle macchine generatrici di disegni alle bellissime e aliene sculture prodotte da “Scumak no.2 (Auto Sculture Maker)” di Roxy Paine. Virtualmente questo senso è stato prodotto da ogni lavoro di software art, che può facilmente essere considerato una macchina virtuale. Le opere basate sul software, inoltre, implementano un livello differente, dove l’approccio concettuale alla costruzione della macchina è astratto nel codice. Questo risulta evidente negli inclusi “Jacksonpollock.org” di Miltos Manetas, o “I said if” di Lia, fino alla macchina astratta d’arte “Net Art Generator” di Cornelia Sollfrank, uno dei pochi software (generativi) che è stato capace di scuote il concetto di autorialità dalle fondamenta.