Signal – Robotron

Signal, Robotron

CD – Raster Noton
Ensemble a marchio Raster Noton quello dei Signal, formato da Olaf Bender, Frank Bretschneider e Carsten Nicolai (praticamente gli stessi fondatori della prestigiosa label, progetto che prese forma nel 1999 connettendo le precedenti esperienze maturate fra Raster Music e Noton.archiv.fur.ton.und.nichtton). Secondo album assieme, che segue ‘Centrum’, solo d’un anno successivo al convergere discografico sotto quelle insegne, espressione nel nuovo millennio di rinnovamenti epocali per la musica di ricerca, che ‘tout court’ furono allora impressi per sensibilità ed ineluttabili evoluzioni tecniche dall’avvento d’inedite pratiche produttive. Registrazioni, queste di ‘Robotron’, effettuate nel corso di ben cinque anni, fra Berlino, Tokyo e Chemitz (luogo di nascita della Raster Noton nella Germania dell’Est), combinando i differenti talenti ma esulando tuttavia da certo spinto ed etereo minimalismo. Le sequenze, nella quasi totalità delle undici tracce qui incise, sono tagliate invece a dir poco con appeal ‘future-funky’, re-innestando (in maniera estremamente ‘concettuale’) strutture ritmiche articolate, basse frequenze e suoni intensi piuttosto che microstrutture, comunque trasversali e celate nelle trame che adesso incedono ad un ascolto ‘fisico’. Una svolta, oppure no: l’evolversi della ricerca per artisti così ‘dentro’ la contemporaneità dei suoni non è utile prescinda, a nostro avviso, dal confrontarsi con altri modelli, dove il ‘qui ed ora’ di un nuovo rapporto con l’universo sonoro circostante ancora esperimenta altre strade, che si sottraggano in parte ai soliti ‘immutabili’ postulati (quelli ad esempio dell’intensificazione percettiva omeopatica dettata dalla micromusica, o del suono-rumore-accadimento nell’irrompere del quotidiano, di cageiana memoria, poi esaltato negli approcci tutti field-recordings). L’ascolto risulta nel complesso unico, assai intenso e coinvolgente, non esercizio calligrafico di stile ma espressione invece di larghe vedute e potenza espressiva. Quello che ci vuole in tempi un po’ amorfi e ciclotimici, nei quali spesso ad ogni accelerata della ricerca subitaneamente succedono retro-onde depressive ed identitarie.