Ad Generator, pubblicità falsa generata da una macchina

Alexis Loyd

Come si rapporta l’arte generativa alla semiotca? La randomica associazione tra significante e significato confonde il processo di costruzione del significato? Se si aderisce alla prospettiva interpretativa, che include tanto il contesto quanto l’interprete come parti del processo di comunicazione, allora la risposta è negativa e l’associazione casuale tra immagini e parole generata da una macchina ha senso.Questa è l’idea alla base di Ad Generator, un lavoro di arte generativa creato da Alexis Loyd, come parte del suo progetto di tesi alla Parsons New School for Design di New York, che indaga sul modo in cui la pubblicità usa e manipola il linguaggio. Alexis Loyd è una designer di interfacce, architetto dell’informazione e new media artist il cui lavoro include interaction design, software per il social networking e data-driven multimedia art. L’Ad Generator testimonia il suo interesse tanto per il modo in cui raccolte e basi di dati rivelano schemi di significato, quanto per la creazione si strumenti che consentono alle persone di interagire con l’informazione e gli uni con gli altri in maniera innovativa. In questo progetto infatti le parole e le strutture semantiche derivate da testi pubblicitari sono mischiate e randomizzate per generare falsi slogan. Questi slogan sono accoppiati con immagini ricavate da Flickr, a seconda delle tags ad esse associate, generando cosi’ dei falsi testi pubblicitari on the fly.Lo scopo del lavoro è dimostrare come il linguaggio pubblicitario sia allo stesso tempo significativo e privo di senso: da un lato, infatti, esso rappresenta valori culturali e desideri reali, mentre dall’altro lato queste idee non hanno alcuna relazione col prodotto col prodotto venduto. A differenza di alcuni generatori, l’Ad Generator non richiede alcun input all’utente. Tuttavia, se si vogliono catturare le immagini prodotte bisogna essere piuttosto rapidi: non c’è modo infatti di impedire agli ‘ads’ di essere prodotti ogni 3 secondi come nel mondo pubblicitario reale. Guardando questa infinita sequenza di spot viene naturale domandarsi quanto ci vorrà prima che l’advertising creativo sia affidato ad un algoritmo. Se ci si basa sulla qualità di alcuni dei risultati, allora questa pratica potrebbe essere messa in atto già ora.

Valentina Culatti