Call, la poetica della telefonata

Call

Germaine Koh è una visual artist attiva sulla scena internazionale. La sua arte concettuale indaga il significato delle azioni quotidiane, degli oggetti familiari e dei luoghi pubblici. L’ultimo lavoro, presentato al festival ZeroOne San Jose / ISEA 2006 si intitola Call e consiste in un telefono vintage modificato con un microcontroller programmabile e un circuito personalizzato. L’apparecchio è collocato in uno spazio pubblico accessibile a un ampio raggio di persone, le quali sono invitate ad alzare il ricevitore. Il display LCD che sostituisce la tastiera informa gli utenti che verranno messi in contatto con un volontario, scelto a caso, tra quelli che hanno acconsentito a ricevere chiamate ad ogni ora della giornata. Il progetto è aperto: non c’è un’ipotesi iniziale definita e non esiste un metodo sistematico di raccolta dei dati, come la registrazione o il rilevamento. L’idea del progetto viene pertanto perpetuata dal passaparola. Secondo i racconti dei volontari, ad esempio, la maggior parte di coloro che chiamano vuole conoscere il motivo per cui i volontari stessi hanno deciso di prendere parte al progetto. Germane Koh, dal canto suo, ha rilevato con interesse il fatto che tra le 15 chiamate cui ha risposto nei primi quattro giorni di mostra, solo due delle persone che ‘telefonavano’ avevano a che fare con la visual o la media art. Si domanda infatti: “Cosa potrebbe rivelare questo risultato riguardo al modo in cui una audience esperta interagisce con un progetto del genere?” . ‘Call’, così come l’intera produzione della Koh, è caratterizzata da un tentativo di essere ricettivi verso la vita di ogni giorno, concentrandosi su quei fenomeni che formano la nostra esperienza quotidiana e dando voce agli oggetti che mediano la nostra esistenza.

Valentina Culatti