Naturalis Electronica, Interferenze festival report

Naturalis Electronica

Digitale e organico non sono mai opposti ad Interferenze, il festival of new arts che si tiene a San Martino Valle Caudina. Nel mezzo di una meravigliosa selva di castagni, l’edizione del 2006 ha portato il team dei giovani ed entusiasti curatori nel successo dell’integrazione fra cultura digitale e le loro specifiche origini culturali. ‘Naturalis Electronica’ è stato il leitmotif dei tre giorni d’arte elettronica, celebrati in un’atmosfera amichevole senza barriere fra artisti e pubblico, che condividevano gli stessi spazi, mescolando perfettamente lo spirito locale e la relativa tradizione culinaria con la ricerca artistica ai confini del digitale e dell’organico. La missione dei curatori a questa filosofia è stata pressoché totale ed è stata implementata senza sbavature nel programma, attraendo le usuali migliaia di curiose persone del luogo insieme agli addetti ai lavori giunti dal resto d’Italia. Fra gli eventi più popolari va di certo annoverato il workshop di micro-robot solari di Ralf Schreiber: dopo il primo affollato è stato ripetuto ogni giorno in maniera ufficiosa. Schreiber ha anche disseminato alcune delle sue cinguettanti forme di vita digitali per il bosco come installazione (‘Living Particles’), costringendo gli avventori a chiedersi sempre se i suoni ascoltati erano di creature reali o robotiche. Il cibo è stato uno dei temi dominanti, come nella performance ‘gastroacustica’ dei fratelli Troyer e Philip Furtenbach. Forse persino troppo eterea, essa consisteva in una piccola catasta di casse acustiche che ‘cuocevano’ suoni contemporaneamente ad una zuppa di pollo e verdure poco distante su un fuoco di legna (e liberamente assagiabile). E questo non è stato l’unico cibo coinvolto: un workshop professionale di Slow Food ogni giorno faceva apprezzare formaggi, vini, tartufi e salumi. Questo tipo di conoscenza culinaria era in grado di aggiungere importanti livelli di informazione nel processo degustativo, apportando un livello più profondo di conoscenza dei processi di produzione e, ancora più importante, una migliore coscienza dell’esperienza sensoriale. La coscienza degli strumenti tecnici, invece, è stato l’obiettivo di una conferenza sull’uso del software Open Source per intervenire nella gestione del territorio urbano e naturale. La stimolazione della coscienza dei suoni era una delle implicazioni di ‘Acquatic’ di Marianne Decoster-Taivalkoski, in cui una webcam nascosta attivava un ambiente sonoro fatto di registrazioni di onde marine calme / normali / spaventose, attivate dai movimenti dell’audience. Le altre due installazioni era il famoso ‘Process 6,7,8’ di Casey Reas, una elegante generazione di disegni organici codificati col suo linguaggio di programmazione Processing e uno showcase interattivo dell’ironia grafica-organica di Frédéric Durieu / LeCielEstBleu. I suoni erano onnipresenti, e l’approccio locativo di Zeenath Hasan and Richard Widerberg (IMPROVe) si è rivelato fresco e interessante. Dopo una collettiva passeggiata di registrazione nel bosco, gli autori hanno effettuato un piccolo ‘concerto’ editando i suoni trovati e provocati. Un diverso tipo di performance collettiva è stata organizzata dai celebri giapponesi della Sine Wave Orchestra. Le loro uova trasparenti che generavano onde sonore sinusoidali hanno dato una diversa colonna sonora agli oscuri dintorni ambientali, provocando versi forse interrogativi da parte dei circostanti uccelli notturni. I set dal vivo nella notte erano circondati dal profondo buio della montagna addormentata. Biosphere ha aperto il suo lungo e retrospettivo set con campioni agricoli usati nel suo nuovo album mentre la giapponese O.blaat faceva agitare nervosamente l’acqua in una coppa d’argento posta su una grande cassa attraverso il suo software di generazione di onde sonore. L’unica performance sfortunatamente influenzata dalla natura è stata quella di Emi Maeda e Lia. Mentre la prima attaccava in maniera fascinosa una classica arpa, la seconda guidava l’evoluzione dei suoi pattern astratti sullo schermo, ma un improvviso temporale ne ha interrotto la parte finale. Con una solida partnership con il Pixelache festival di Helsinki, Interferenze sta mettendo in gioco la forma di festival d’arte digitale in maniera unica, scendendo sempre più profondamente nelle sue radici territoriali ed estendo alla stessa maniera la sua ricerca specifica al resto del mondo.