Charade, la tradizione orale nell’era elettronica.

Charade

Immaginate che il vostro libro più prezioso stia per essere distrutto. Sareste in grado di memorizzarne un paragrafo, un capitolo o l’intero testo? Così recita l’invito a diventare parte di Charade, ultima fatica di Simon Pope (un membro dello storico collettivo I/O/D). Si tratta di una rete work in progress di volontari che, paventando tale funesta eventualità, propongono di unirsi per salvare la memoria di libri, film, musica, trasmissioni tv e programmi radio. Scontata ed immediata la sinapsi a Fahrenheit 451. Infatti sia nella versione cartacea di Ray Bradbury sia nel film di Truffaut, ci si imbatte negli uomini/libro, comunità di individui rifugiati nei boschi, che attraverso la memorizzazione di testi sottratti alla distruzione sistematica messa in atto dallo stato riescono a salvare dall’oblio almeno una parte della loro cultura. In Charade però l’opera salvifica diventa metafora del risveglio della coscienza degli uomini che rivendicano il ruolo di custodi del sapere. A tal fine si opera quella che può essere definita una regressione tecnologica, dalla macchina all’individuo, che viene vissuta come la fine dell’esilio intellettuale a cui l’uomo si era auto-confinato consegnando ai computer la memoria del mondo. Il ritorno alla tradizione orale, passando obbligatoriamente attraverso l’individuo, ridefinisce i tempi e i modi di accesso alle informazioni. Si manifesta la necessità di ancorare la volatilità dei dati online -soggetti alla virtualità e alle continue aberrazioni provocate ad esempio dai cracker- a cui corrisponde il bisogno della condivisione del sapere che, in Charade, si attualizza negli eventi performativi organizzati nelle piazze del mondo durante i quali gli uomini/hard disk recitano ciò che hanno memorizzato.