No Animals Were Hurt, film dipendente dalla rete

No Animals Were Hurt

Alan Turing, lo scienziato inglese inventore della prima macchina in grado di elaborare le istruzioni di un linguaggio di programmazione (il primo prototipo di un computer), non avrebbe mai immaginato che la sua vita sarebbe stata raccontata in un film come quello realizzato da Peter Brinson. ‘No Animals Were Hurt‘, questo il titolo, non è esattamente quello che potremmo aspettarci da un documentario commemorativo, è piuttosto un’indagine sulle potenzialità di una narrazione realizzata attraverso i nuovi media, indagine condotta nel solco del progetto “Soft Cinema” di Manovich. Nel film di Brinson le immagini viaggiano troppo velocemente mentre il sonoro procede ad una velocità normale, tuttavia, ad ogni nuovo visitatore del sito che ospita il video, le immagini rallentano un poco e così via fino al raggiungimento di un certo numero di visitatori, momento nel quale audio e video procederanno alla stessa velocità. Anche la lunghezza è determinata dal numero di visitatori, si aggiunge infatti un nuovo frame ogni cinquanta visite e per completare la storia bisogna attendere il raggiungimento del cinquecentesimo visitatore. Altro aspetto interessante del progetto del filmmaker californiano è rappresentato dall’enfasi accordata al concetto di visitatore unico: solo la prima volta che un computer si connette al sito è in grado di sbloccare un frame, mentre nelle visite successive non produrrà alcun avanzamento della storia. Brinson, in pratica, applica alla propria narrazione la stessa logica sottesa ai principali strumenti di rilevamento del traffico su Internet ed implicitamente incoraggia a coinvolgere più persone possibili, affinché, attraverso le loro visite uniche, sia possibile togliere il velo sulla misteriosa conclusione della controversa storia di Turing.

Vito Campanelli