The Other End, percepire la presenza remota.

Le possibilità concettuali di un opera d’arte su web sono sempre state floride, per l’astrazione facilmente estrinsecabile dal medium e per la sua estrema duttilità narrativa, legata anche alle inedite combinazioni fra tecniche aduse e innovative. The Other End, di Kevin Hamilton applica, infatti, vecchie regole che vertono su atavici segni dai significati per noi inequivocabili. Il lavoro consiste nella rappresentazione di due spie luminose, una attivabile dall’utente e l’altra da un altro utente remoto, rispettivamente consci delle rispettive presenze tramite il pulsare della luce rossa dell’altro. Con una tecnologia minima vengono toccate corde profonde, svelando una delle essenze della comunicazione elettronica, ossia la percezione della presenza altrui, qui codificata come segnale luminoso artificiale di risposta. Nelle intenzioni dell’autore c’è anche un uso concettuale della banda larga per un progetto estremamente low-tech, ma è chiaro che l’interattività essenziale e in un certo senso mistica qui prodotta riguarda le nostre necessità primordiali di comunicazione e lo stupore che ancora provoca la sensazione che in un luogo distante o remoto che sia, ci sia un altro essere umano che abbia voglia di interagire con noi.