Art in Output, il fascino dei dati perduti

Art in Output

È stato inaugurato da pochi giorni alla Technische Universiteit di Eindhoven (Olanda) Art in Output, una biennale internazionale sull’intersezione fra arte, tecnologia e società. Questa è una delle poche manifestazioni pensate per gli studenti universitari, in questo caso oltre 6.000, che sono coinvolti attivamente nel realizzarla e fruirla addirittura con un programma speciale che li preleva dalle abitazioni con un bus, su cui è sistemata l’installazione Hidden Track dei newyorchesi e-Xplo, e li introduce ai concetti principali da fruire una volta arrivati. Il tema di quest’anno è ‘Lost and Found’ e trova interesse nei files di dati come se fossero oggetti smarriti in un aereoporto o in una stazione ferroviaria, e quindi decontestualizzati dall’originario possessore per essere resi disponibili ad una nuova funzione o significato da un nuovo utente. A questo tema è dedicato un seminario sulla perdita di dati in cui partendo dalla scomparsa di lingue e di documenti nel medioevo si arriva alle contemporanee strategie di conservazione delle opere digitali. Nucleo del festival è la mostra di installazioni interattive: ‘You think therefore I am (following you)’ dei francesi Magali Desbazeille e Siegfried Canto, in cui incrociando i passi dei passanti riflessi ne si ascoltano i pensieri; ‘Remain in light’ di Haruki Nishijima (Japan), con la celebre rete per farfalle che capta i segnali elettromagnetici, ‘The giver of names’ di David Rokeby in cui un computer descrive gli oggetti tramite un software di riconoscimento delle forme e un database di parole, ‘S.N.O.W.D.O.M.E. reanimated’ di Jennifer Petterson, una specie di cupola-souvenir a grandezza naturale che invece della neve artificiale fa lentamente cadere vecchi medium obsoleti (floppy, super8, VHS…); ‘Homo indicium’ di Ioannis Yessios, una collezione di identità digitali donate dai visitatori; ‘Summoned voices’ di Iain Mott e Marc Raszewski, in cui le frasi lasciate dai visitatori vengono assimilate e riproposte dai muri che finalmente dispongono di una memoria propria; ‘DAP Disguises’ di Roel Wouters, una macchina capace di cancellare le proprie informazioni da chi le detiene senza autorizzazione (aziende di marketing, sondaggi, provider, ecc. ecc.). Particolare attenzione è stata dedicata anche all’interfaccia del sito, realizzata in Flash e innovativa per tecniche di navigazione con una barra superiore che indica il path seguito e le schermate concatenate con un design algortmico che ben rende la conseguenzialità dei ricchi contenuti proposti.