Nuove Incursioni nel Media Artifex

Il continuo e rapido sviluppo tecnologico nei settori della cibernetica, dell'informatica e della telematica che caratterizzano le trasformazioni economico-produttive o socio-culturali della nostra civilta' postindustriale, pone il problema dell'opportunita' o, addirittura, delle necessita' di un congruo intervento formativo da parte dei territori artistici. Si parla ormai sempre piu' diffusamente di un emergente ed urgente bisogno di alfabetizzazione informatica al quale anche i curricoli artistici (di artisti gia' affermati) dovrebbero fornire una risposta adeguata.
L'arte, come il dio Giano, e' bifronte: da un lato guarda al passato e dall'altro al futuro. Del passato essa e' indubbiamente custode, giacche' deve assicurarne la continuita', saldando l'immagine delle generazioni di oggi e quelle di ieri, in modo che nulla vada disperso di quanto la civilta' ha accumulato nel suo patrimonio migliore; ma del futuro deve essere precorritrice, preparatrice, dal momento che essa si rivolge a delle forme di linguaggio diretto che sono eredi di cio' che si mescola nella pentola del presente. Ai nostri giorni, la velocita' di trasformazione di tutti gli aspetti della vita sociale e culturale e' diventata cosi' celere che non occorrono secoli per accorgersene, ma solo ore, poche settimane, qualche attimo, una frazione di secondo. Le ragioni di queste profonde modificazioni sociali e culturali, come venivano fatte risalire in passato alla cosiddetta 'rivoluzione industriale' (che a sua volta ha dovuto molto ai progressi scientifici e tecnologici avvenuti sempre piu' rapidamente dalla fine del secolo XVII ad oggi), oggi vengono attribuite all'affermazione massiccia delle nuove tecnologie della comunicazione. La nostra civilta' oggi e', quindi, almeno a pari titolo civilta' industriale (o post) e civilta' delle comunicazioni. La nuova dimensione della realta' fisica, vitale e sociale, si e' rivelata essere l''informazione'. Tra non molto ogni sistema materiale, vitale o sociale esistera' solo in quanto e' sottoposto ad un ordine comunicativo, ad una legge dello scambio informatico, e questo ordine e' tutto sommato un dettaglio diverso dell'universo dell'informazione. Le radiazioni dell'atomo avranno a che fare con l'elaborazione e la trasmissione di una catena informatica, le spirali di macromolecole che veicolano il codice genetico dei viventi passeranno attraverso l'accumulazione digitale, i sintagmi che organizzano parole, gli ordini di pagamento delle banche, le sequenze di istruzione di un programma informatico sono tutti esempi di informazione. Sono i fili che legano in un sottile reticolo il mondo, che trasforma il caos in 'virtual light'.
E' facile capire quale impatto tutto cio' stia per avere sulla cultura e sull'arte in particolare. Certo non cambieranno gli eterni fini dell'espressione; certo che artisti e critici continueranno a sforzarsi di facilitare ai propri fruitori l'acquisizione del patrimonio di esperienza collettiva e la capacita' di pensare e di volere da se'. Ma variano in maniera imponente i contenuti ed i modi di imparare e gli stessi modi di pensare e di volere l'arte contemporanea. Essi per un verso diventano piu' facili e per un altro piu' difficili. Variano i contenuti e i modi. Il pensiero si incarna nel linguaggio e, quindi, la formazione di un'opera d'arte resta centrale e fondamentale: ma formazione linguistica non vuol dire formazione necessariamente 'letteria' nel senso retorico dell'imitazione dei 'classici'; la visione, l'immagine di una storia diventa meno gesta di capitani e caba'le di diplomatici e piu' lavoro, narrazione, iconografia di moltitudini, o almeno di forze economiche e sociali di elaborazioni e di ricerca. Tale risultato, molto spesso si traduce nei famosi romanzi della letteratura fantascientifica cyberpunk, che pur parlando di un domani di la' a venire e' invece molto addentro al nostro quotidiano, molto piu' di quanto non riusciamo ad immaginare. Infatti, essa e' uno dei migliori risultati artistici dell'uso della metafora del contemporaneo e, nonostante si faccia un gran parlare di realta' virtuale, essa si puo' considerare di gran lunga piu' efficace che non le produzioni artistiche che applicano praticamente gli strumenti informatici (e pensare che William Gibson ha dichiarato, quando ha scritto 'Neuromante', che non sapeva usare il computer).
Lo scenario dentro al quale si sviluppa un'opera sara' sempre meno costituito da gallerie di curiosita' e sempre piu' da orizzonti di avventure che vedono impegnate specie diverse con strumenti e conoscenze via via piu' raffinati; soprattutto prende vigore, come linguaggio trainante nella costruzione dell'immagine e dell'opera interattiva, la 'matematica', non solo come scienza dei numeri, ma ancor piu' come metodologia di composizione architettonica della virtualita', di forme generali, di strutture leggere e pesanti, di figure e 'lexis'. Ludwig Wittgenstein, durante la seconda guerra mondiale, aveva steso le famose 'Osservazioni sopra i fondamenti della matematica' (ed. it. Einaudi, Torino, 1988), in cui parla di una caduta della forma generale della proposizione e di una immagine della matematica come 'miscuglio variopinto di tecniche', complesso, molteplice di 'forme di vita'. Secondo Wittgenstein le 'Sprachspiel' o 'linguistic game' si collocano a livello primitivo della grammatica dei linguaggi, sono delle pure essenze che rappresentano i nodi piu' importanti del nostro dizionario grammaticale che ci assicurano gli strumenti essenziali. Questo procedimento, nell'ambito attuale dell'arte virtuale, diviene ancor piu' evidente e fa da ponte di collegamento tra scienza e immaginario (su questo versante si veda anche il libro 'L'interazione tra l'uomo e il computer' a cura di Andrew Monk, ed. it. a cura di Leopoldo Giannelli, soprattutto la parte di Neil Thomson da pag. 76 a pag. 83, quella di Andrew Monk da pag. 87 a 89 e sempre di Monk da pag. 100 a 107).
La progettazione creativa degli sviluppi di un linguaggio digitale porta le origini della comunicazione a riprendere fiato. In effetti la scrittura originariamente era un disegno degli oggetti, cioe' scrittura ideografica, che poi ha avuto la sua evoluzione nell'alfabeto; oggi, invece, con i 'media server' sta cambiando di nuovo la visione. Cosa e' dunque diverso nell'opera? Non piu' la forma, ma i contenuti. I contenuti sono diversi perche' ora sappiamo molte cose che non sapevamo ieri e quindi la visionarieta' puo' essere azionata sotto un nuovo angolo visuale. Inoltre, la visione stessa puo' essere appresa in modi diversi ed il sistema dell'arte non e' piu' il veicolo principale per comporre un'opera opportunamente corretta; l'opera oggi viene al mondo dopo un'esposizione in banche dati per migliaia di ore in continua interazione con gli interlocutori piu' disparati. Alta definizione, realta' virtuale, satellite, fibre ottiche, telefoni, cellulari, fax, citta' cablate, etc., con questo scenario gli abitanti del vecchio 'paese creativo' hanno comunque una percezione del mondo piu' ricca ed immediata di una volta. Pero' la fase piu' recente dei rapporti tra tecnologia ed immagine e' stata contrassegnata dal divario tra i metodi e i contenuti, i segni adattabili e quelli da scartare. Nel contesto della polemica antinozionistica - l'attuale scenario delle ricerche artistiche propenso a spostarsi nella direzione della tecnoarte - e' arrivato solo teoricamente a contrapporre metodi e cose. Sul versante delle pratiche artistiche ci troviamo ancora molto spesso difronte ad un'esaltazione della macchina o ad un trasferimento del colore, della pittura, della scultura nelle possibilita' offerte dalla 'nuova macchina'. Se obiezioni epistemologiche sono consistenti, quelle suggerite dal mercato non sono meno rilevanti, soprattutto se si mira a rendere probanti le innovazioni metodologico-tecnologiche rispetto alla vita quotidiana. Lo sviluppo tecnologico non lascia tempo per scoprire i mille segreti delle sue possibilita', ascoltarne e saggiarne tutte le voci che suscitano sentimenti ed emozioni controverse. E' necessario ritrovare se stessi, in un clima di proposta tecnologica frastornata, per sentirsi piu' dentro al presente e piu' vicini alla soglia del cambiamento. Per quanto riguarda l'arte, non ci siamo ancora in questa direzione, essa non e' stata capace ancora con l'aiuto delle tecnologie di imboccare questa strada. E' a questo proposito, e non gia' casualmente, che la grande fiera di tutte le tecnologie dell'informazione presenta i suoi risultati di TV interattiva, ma l'arte non sa ancora realmente che farsene, eccetto qualche esempio di operatore come Giacomo Verde e Tommaso Tozzi che pur viaggiando su questa striscia di terra cosi' sdrucciolevole, riescono a stare in piedi.
La dimensione artistica degli anni Sessanta e Settanta tocca dei punti creativi che vedono l'utilizzazione del computer: un artista che ha sempre frequentato con solerzia il territorio fisico, biologico, e sociale di questa evolutivita' e' stato Hans Haacke. L'artista tedesco durante il 1969, per presentare lo studio di un organismo sociale costruisce in ambiente artificiale un formicaio. In quello stesso periodo, Haacke comincia ad occuparsi di comunicazione nel senso in cui intendevamo poco sopra: In una manifestazione alla Kunsthalle di Dusseldorf, attraverso una serie di schermi televisivi presenta i risultati delle elezioni politiche al Bundostag. Nella mostra 'Art and technology' (a Los Angeles alla fine degli anni Sessanta) per elaborare i dati provenienti da un questionario di ordine sociologico, economico e politico e comunicarli in tempo reale alla gente partecipante fa uso di un computer. Un'opera quasi simile fu poi presentata dall'artista al Milwaukee Art Center nell'estate del 1971 e poi a Kassel in 'Documenta 5' nel 1972. Il calcolatore in questi casi permetteva uno spoglio operativo dei dati e contribuiva a costruire un linguaggio processuale nell'opera.
Ne 'L'ultimo romanzo del mondo' di Henri Chopin, del 1961 pubblicato a Napoli nel 1994 da Peppe Morra, la lingua ideografica, che e' alla base di un discorso inconsapevolmente avveniristico, affiora come una specie di forma simbolica. Passando ad un esempio piu' recente, mi viene in mente il lavoro di un giovane ricercatore napoletano che con l'ausilio del computer elabora i segni dell' I Ching e li trasferisce sulla tela come delle grandi tavole della memoria; Paolo Silvestrini coniuga il discorso della memoria con l'esperienza infinita delle cifre e dei simboli.
La TV interattiva e' un apparecchio in cui l'informazione e' predisposta come un ventaglio di proposte, che si aprono a noi attraverso il 'cliccaggio' di schermata in schermata: la prima si presenta come un commento, la seconda con un materiale di approfondimento. L'interrogativo che dovrebbe assillare l'artista, dopo quello che assilla l'utente, e': "se il cittadino comune puo' farsi il telegiornale da solo con questo apparecchio, l'artista che cosa puo' mostrare oltre l'offerta sinestetica che gia' offre la macchina?". Un gruppo di lavoro ben coordinato ci offre un amplificatore con casse, un videoregistratore, una tastiera telecomandata, il collegamento con Internet, la possibilita' di scrivere una lettera e di inviarla via fax, inoltre si puo' accedere all'esplorazione multimediale e registrare passo passo il percorso che abbiamo deciso di seguire. E' anche da rilevare che abbiamo a disposizione contemporaneamente un joystick domestico, un programma televisivo da seguire e lo schermo puo' essere diviso in piu' porzioni dove operiamo contemporaneamente sul programma televisivo, la videoscrittura ed altro. Se le macchine gia' offrono questa realizzazione sinestetica, cosa ne fa l'artista di tutto questo? L'arte puo' dirsi rivoluzionaria quando rappresenta un mutamento radicale - come diceva Herbert Marcuse - di tecnica e stile, e se la tecnica gia' offre tutto questo il compito dell'artista e' quello di porsi altrove rispetto alla performativita' tecnologica. In Italia pare che abbiamo un computer connesso ad internet ogni 1800 abitanti, mentre in Germania e' uno ogni 380 e negli Stati Uniti ogni 76. Secondo i dati che riusciamo a leggere occorre fare una constatazione di base: anche in America non sono poi tante le persone che fanno uso di queste tecnologie. La domanda sorge spontanea: se un esiguo numero di persone e' fornito di 'programma', cosa fanno tutte le altre? Nonostante cio', si fa un gran parlare di Internet e del futuro della rete e c'e' anche chi gia' parla della sua estinzione dovuta ad una saturazione della sua espansione. In questi giorni nelle sale cinematografiche, subito dopo la programmazione di 'Johnny Mnemonic', e' uscito 'The net', un film che insiste sull'efficacia delle nuove frontiere elettroniche considerando 'la rete' come una probabile costruzione del futuro. Un libro che coglie l'importanza di 'Internet' e' quello di Corrado Petrucco che porta come sottotitolo 'Guida per i comuni mortali'. Il testo cerca di spiegare, infatti, parole come host, opac, link, gopher... . Seguendo le istruzioni di Petrucco sembra quasi che il cyberspazio sia a nostra completa disposizione. Ma il pioniere del famoso 'Media Lab' e' sicuramente Nicholas Negroponte sostenitore di una tecnologia incorporata negli oggetti di uso quotidiano, dove non e' piu' l'uomo impegnato ad usare il computer, ma e' la macchina che autonomamente gestisce l'azione dell'oggetto domestico. Il 'Media Lab' nella figura di Negroponte dice: "L'obiettivo che dobbiamo porci, qualunque sia la forma del rapporto uomo-macchina, e' la realizzazione di un nuovo umanesimo per mezzo delle macchine."; infatti, non a caso, il libro di Negroponte, tradotto in italiano l'anno scorso, porta il titolo di Essere digitali. Dice Stuart Brand: "Il Media Lab ritiene che se riuscira' a fare qualcosa per l'individuo, questo, moltiplicato dal computer, potra' fare qualcosa di piu' per il mondo. Il Lab vorrebbe curare le patologie che affliggono le tecnologie di comunicazione, non l'economia o la politica, ma la tecnologia stessa. E' questo l'obiettivo che sta alla base di ognuno dei progetti del Lab..." (S. Brand, Media Lab. Il futuro della comunicazione, Baskerville, Bologna, 1993, pag.281).
Un altro buon imbonitore della comunicazione in rete e' Bill Gates, recentemente ricomparso nelle nostre biblioteche con il libro La strada che porta a domani; il proprietario della Microsoft, la cui trovata piu' recente e' la creazione di un programma a prova di hackers e che protegga le carte di credito per gli acquisti tramite Internet, ha come obiettivo il rendere fiduciosi coloro che investono nelle tecnologie della efficacia di esse per far si' che divengano sempre piu' numerosi. Il suo libro e' uscito nelle librerie contemporaneamente in tutto il mondo; l'organizzazione di questo evento e' la dimostrazione della sua potenza tecnica e di conseguenza finanziaria, che nemmeno Internet puo' eguagliare.
In alternativa a cio' il giornalista italiano Furio Colombo ha pensato bene di scrivere un libro che colloqui con Gates, Negroponte e soprattutto metta in guardia dei rischi del mondo virtuale. Il libro, dal titolo Confucio nel computer, vuole essere un ammonimento per quelli che sono presi dall'estasi della rete. Naturalmente i critici piu' avvertiti si chiedono per l'Italia e' o non e' prematuro un testo del genere, visto che solo una famiglia su dieci possiede un personal computer e l'analfabetismo elettronico investe ancora cifre maggioritarie. In un intervento sull'Unita', del 27 gennaio 1996, Furio Colombo scrive: "ma la predicazione digitale di Negroponte non solo oscura la realta' sociale (che in buona fede potrebbe sfuggire a persone indifferenti e immerse solo nel proprio entusiasmo). Oscura anche rilevanti aspetti tecnologici del cyberspazio. (...)
La memoria del computer non e' una dotazione originaria, come la memoria umana. La 'memoria' e' una misura di capacita' della macchina la cui variazione comporta una spesa o che e' continuamente in relazione variabile come le esigenze (e le spese) dei software e facilitatori di cui la macchina viene dotata, e dei compiti che si assegna. Non si parla di velocita'. Anche la velocita' e' un fattore variabile che in parte dipende dalla macchina di cui siamo dotati (se hai il costoso 'chip Pentium', e' come avere una Ferrari). In altre parole, troppe considerazioni non fanno altro che annebbiare una costatazione completa: "chi rimane escluso dalla piccola elite proprietaria dell'accumulazione di dati, rimane escluso dal potere" (questo lo sostiene lo stesso amico di Colombo, Umberto Eco). D'altronde basta uno sguardo rapido alla presente realta' di questo mondo e del nostro territorio di lavoro per rendersi conto che c'e' ancora piu' bisogno di prima di un'analisi costretta a guardare ad una societa' divisa in classi: a) una grande quantita' di proletari che non ha accesso al computer (e quindi neanche al libro) e che e' costretta a rimanere legata alla televita, alla teledipendenza e fa scaturire tutta la sua informazione da un accesso alle banche dati tramite la televisione; b) una borghesia non molto illuminata, ne' tanto espansiva, ma che a livello di status economico copre la classe media che si accontenta di usare il computer per l'accesso a servizi e poche possibilita' produttive; c) infine un apparato, un anello superiore della piramide che possiede tutte le informazioni utili per far ragionare la macchina, per governarla o addirittura appropriarsi di tutte la vie d'accesso per accumulare mezzi sempre piu' idonei, nuovi e potenti.
Un articolo comparso su 'New Scientist' il 9 dicembre 1995 sostiene che Internet attrae sempre piu' persone depresse e in cerca di sicurezze. Laura Sinney parla del computer come buon samaritano, dei test elettronici, gli effetti di diagnosi ed il rapporto umano con esso; dunque, l'avvento del 'self-help' su Internet si articola come una sorta di posta elettronica e funge da contenitore terapeutico verbale, l'informazione si mette a disposizione anche di occasioni eccezionali, verificando purtroppo che non e' possibile superare un determinato standard di persuasione, la spalla virtuale su cui piangere spesso rimane una protesi. Bruce Sterling, in un' intervista su 'Club Wired', ci parla della presenza di uno studioso di eccezione come Hans Moravec che sta investigando sul futuro della robotica e indaga su un'eta' in cui tutto parte dalla mente; la sua posizione, descrivendo del prossimo avvento di una nuova esistenza postumana o postbiologica, configura in un genere umano dove si estremizza l'operazione dell'australiano Stelarc. Parliamo di quell'artista che si e' fatto conoscere al grande pubblico perche' si appendeva a decine di metri d'altezza con dei ganci sulla pelle e adesso perche' ha tentato l'esperimento della terza mano, una mano artificiale in grado di trasmettere e ricevere dati sensoriali e capace di governare di saldarsi sugli oggetti.
Gia' oggi un terzo delle ricerche mondiali nel campo delle realta' virtuali si dividono in due grossi momenti e di queste due parti soltanto una piccola porzione e' in grado di realizzare gli obiettivi preposti. Da un lato troviamo gli artisti e dall'altro scienziati e teorici che si affaticano a definire un orizzonte concettuale.
Ma questa rivoluzione silenziosa, quasi invisibile, questo affermarsi di bit e stati di velocita' della luce, questa nuova percezione dello spazio del tempo e della vita, secondo Javier Echeverria, si cala nell'organizzazione della citta' telematica. Il filosofo spagnolo ha scritto nel suo saggio 'Telepolis' (Laterza, Bari, 1995) che un'immensa rete di ripetitori rappresenta l'infrastruttura della nuova societa' come un tempo lo erano le fogne e le condutture. Molto presto, tramite i collegamenti in rete si potranno trasmettere anche suoni e odori e la nostra casa si trasformera' in telecasa, gestita e governata da un robot meccanico telecomandato.
Questo enorme afflusso di macchinizzazione fa pensare ad una sorta di smaterializzazione multimediale e quindi divide la interpretazioni in due versanti: c'e' chi considera dalla parte di McLuhan l'uomo un robot e la tecnologia una protesi dei suoi organi, un'esteriorizzazione dei suoi sensi, e chi, invece, sostiene che il flusso altamente digitale ci permettera' di uscire dall'antropomorfismo. Ovvero l'interrogativo e': si puo' immaginare un materialismo senza materia, un materialismo dell'evento, cosi' come lo evocava Michel Foucault? (M. Lazzarato, 'Multimedia', in Derive e Approdi n.7, primavera 1995).
Ma ritorniamo all'immaginario, che corre piu' velocemente ed e' sicuramente meno categorico di McLuhan. Johnny Mnemonic e' una specie di allegoria sul potere dell'informazione, il film diventa cosi' una vera e propria pietra miliare dell'uso delle tecnologie e spiega con limpidezza i pro e i contro della realta' virtuale.
Uno degli artisti che si confronta con la sfera fisica del virtuale e' David Rokeby, che lavora gia' da molti anni sull'estensione dei nuovi modelli di percezione. In un lavoro, che egli stesso denomina 'Very Nervous System', l'immagine cerca di esplorare la percezione in uno spazio completamente guidato dal computer. Con il tramonto delle ideologie concettuali, che consideravano l'arte come un universo autonomo e privilegiato, senza rapporti con la storia concreta del corpo e le altre attivita' umane, il problema della fisicita' tra tecnologia scienza e sacrificio si e' imposta in tutta la sua importanza e si e' cominciata ad avvertire la necessita' di affrontarlo dal punto di vista di Stelarc o di Orlan. Quest'ultima si e' sottoposta, fino ad ora a diverse operazioni chirurgiche per trasformare il suo viso in un'opera d'arte vivente.
Anche nel film Johnny Mnemonic le mutazioni corporali si fanno avanti in modo impressionante e la malattia del secolo e' un morbo causato dalla presenza massiccia di radiazioni provenienti dalle apparecchiature elettroniche con cui l'umanita' deve ormai necessariamente convivere. Attraverso le parole, i gesti, le immagini ci sono invece dei percorsi artistici che si orientano su raffigurazioni e dettagli piu' sottili. E' il caso dello Studio Azzurro con il lavoro Tavoli (perche' queste mani mi toccano), una video-ambientazione interattiva costituita da sei oggetti apparentemente poco tecnologici che richiedono un contatto tattile. Lo Studio Azzurro, pur partendo dall'esperienza video, confluisce in una estetica leggerissima del contatto e della corporeita'.
Sullo scenario di Echeverria, si muove l'opera di Giorgio Vaccarino Passaggio a Netville. Vaccarino ci vuole dire che le frontiere sono ormai scomparse, resta pero' il grande oceano spazio-temporale territorio inesplorato ed anche, se si vuole, terra di conquista. La citta' globale di Vaccarino e' riconoscibile da una forma di smaterializzazione degli elementi urbani e le piazze, i quartieri, i mercati e persino i cimiteri possono trasformarsi in 'interfaccie plastiche'. Ma i nomi che vengono subito in mente e che si aggiungono a questa esperienza della smaterializzazione sono quelli di Tommaso Tozzi, Giacomo Verde e Marcello Pecchioli. Qui sta, a nostro avviso, il vero territorio inquieto delle elaborazioni virtuali: Giorgio Vaccarino, Correnti Magnetiche, Strano Network, Francesco Antinucci, Giovanotti Mondani Meccanici, Sabine Reiff, Flavia Alman, Massimo Contrasto. E' possibile chiudere il discorso solo con una domanda: per quanto complessa possa essere la comunicazione mediale, in che direzione vuole protrarsi? Essa vuole abolire l'esperienza dell'incontro con lo sguardo altrui, pur interessandosi fortemente all'interattivita', o vuole collegarsi all'enigma della bellezza della natura gia' fortemente evocato dai romantici?

Gabriele Perretta



Associazione Culturale Multilink
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