Filax Staël – Traces

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LP+book – REV. Lab.

In meno di mezz’ora sono ben 24 i brani che compongono questo Traces, ultima fatica di Filax Staël, progetto olandese che fa capo a Bas Mantel e Okko Perekki, duo avvezzo a sonorità elettroniche radicali, field recording, sperimentazioni sampledeliche e tecniche cut-up altrettanto estreme. Questa è la loro prima uscita ufficiale – seppure le originarie implementazioni del progetto risalgono al lontano 2013 – completata anche da un libro di 52 pagine nel quale spiccano le doti grafiche di Bas Mantel (designer formatosi all’ Hogeschool voor de Kunsten di Utrecht). Come spesso accade quando le tecniche di taglia-e-cuci e copia-incolla assurgono a primaria ispirazione – soprattutto quando infine è possibile esibire effetti piuttosto viscerali e impredicibili – i riferimenti culturali più immediati al nocciolo di queste poetiche vanno al dadaismo e a William S. Burroughs, sebbene l’autentico esegeta di un simile approccio in forme compiutamente moderne sia invece Brion Gysin. È in particolare l’utilizzo di registrazioni sonore di film didattici degli anni ’50 – ad esempio – ad accostare alcune composizioni di questo album anche alla musica plunderphonica e alle tecniche tipiche dell’arte sonora di artisti come John Oswald o Negativland. Traces riesce a evocare un paesaggio sonoro denso di frammenti uditivi disomogenei ma allo stesso tempo interconnessi, creando un’esperienza che è tanto cerebrale quanto sensoriale. Ogni traccia sembra un collage sonoro che porta l’ascoltatore a confrontarsi con l’inaspettato, giocando con la familiarità e l’estraneità. Le sonorità abrasive e i loop distorti si fondono con voci disincarnate, generando un senso di disorientamento che tuttavia affascina. L’interazione tra suono e design grafico risulta infine un aspetto centrale dell’uscita: il libro allegato all’LP non funge solo da supporto visivo, ma estende le tematiche del disco, arricchendo l’esperienza complessiva. I collage visivi di Mantel si allineano perfettamente con la filosofia cut-up del suono, come se le pagine del libro fossero un eco visivo del caos sonoro. L’idea di fondo è ancora quella di una poetica del frammento e della ricontestualizzazione, dove il passato viene sezionato e ricomposto in forme nuove, tra nostalgia e sovversione. Il risultato è un’opera multidimensionale che trascende i confini tra arte visiva e sonora, restituendo un’esperienza assai complessa ed immersiva. Traces si configura così come un viaggio tra memorie spezzate, in cui il caos trova una sua coerenza nascosta.

 

Filax Staël – Traces