Robotic Folk – Volume One

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cassette – LOM

Robotic Folk è un progetto solista del compositore e musicista lituano Jonas Jurkūnas, che con Volume One inaugura una visionaria produzione dagli intrecci distopici, che – molto tempo dopo la fine dell’attuale società – prefigura un futuro sintetico e dalle non convenzionali integrazioni uomo-macchina. Anche il sottotitolo, Artefacts Of Human Civilization in Robotic Folklore, rende a pieno la tensione post-human dell’uscita, che pur se aspra e contorta in molti passaggi restituisce fra i solchi anche una labile speranza, una possibilità di sopravvivenza e riscatto per il genere umano. Saranno dei robot ad utilizzare i resti del nostro patrimonio musicale, reinventando nuove sequenze, “in new bottles for new wine” verrebbe da dire parafrasando l’omonimo testo di Julian Sorell Huxley, biologo, genetista e scrittore, fratello di Aldous Huxley e teorico dell’evoluzione psicosociale dei sistemi. Il nuovo popolo robotico emerge spontaneamente dalle rovine e le loro intelligenze artificiali evocano la storia dei nostri antenati musicisti. L’automazione – a dire il vero – già sta cambiando radicalmente le industrie e i luoghi di lavoro e quello che di terribile a proposito doveva accadere è già accaduto. La Federazione Internazionale di Robotica prevede che tra un decennio, in qualsiasi campo, più della metà degli operatori lavoreranno con i robot e già oggi è altamente improbabile che una produzione musicale non sia suscettibile d’interazioni con macchine, software e tecnologie audio d’ultima generazione. È quindi una profezia già avverata quella di Jurkūnas, che sin dal primo brano in scaletta “Sienpjoviai” dispiega ganci armonici e sovrapposizioni dissonanti, glitch e sonorità che fanno parte di un retaggio passato, così come in “Pertrauka” che è allo stesso tempo soave e cibernetica, classicheggiante e ultra-futuribile. Sono molte le pulsazioni, i segnali di una creatività aliena che serpeggiano lungo le undici tracce presentate e davvero noi umani non siamo stati disegnati biologicamente per rimanere nell’attuale stato se riusciamo ad emozionarci così tanto per “Ryga”, come se i robot abbiano recuperato e rimodulato le sinapsi della Laurie Anderson dei tempi migliori, prima di chiudere con “Skrydziai”, che è ancora un brano molto fanciullesco e giocoso, una rivelazione di come il contesto può cambiare l’esperienza e suggerirci nuove direzioni nell’evoluzione.

 

Robotic Folk – Volume One