Pita – Get On

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Vinyl – Mego

Dietro il moniker Pita altri non si cela che Peter Rehberg, label owner e fondatore della Editions Mego, autore già prolifico dalla seconda metà degli anni novanta ma parco nelle uscite soliste, che assommate risultano essere complessivamente solo quattro nell’arco di quasi venticinque anni. Rehberg è sin dai suoi esordi assai interessato e attento nell’utilizzare le tecnologie correnti, siano esse software o – come negli ultimi anni – più complicati insiemi modulari, grazie ai quali, oltre alle fonti digitali, il maestro, oriundo austriaco e londinese di nascita, riesce a immettere nel flusso creativo anche più calde e corpose sonorità analogiche. Get On segue idealmente Get Off, una produzione del 2004, uscita discografica seguita a sua volta da Get In del 2016, progetto certo più quietista, ambient ed elegiaco dell’attuale, ultimissima fatica nella quale lo sperimentatore aggiorna in maniera attentamente calibrata tutto il suo consueto repertorio. È “AMFM” ad aprire l’album in maniera appassionante grazie a suoni che sembrano andare da ogni parte, come fisicamente rimbalzando, dando vita a caleidoscopiche sequenze di natura percussiva, sibilante e scampanellante. In “Frozen Jumper” le pulsioni ritmiche sono ancora più marcate e fanno capolino anche costruzioni auditive industrialeggianti, in un vortice complessivo d’elementi spurii piuttosto avvincenti ed emozionalmente efficaci. “Two Top Five” è la più cantilenante e ipnotica delle tracce presentate, un grande vortice che costringe a un ascolto rituale e maestoso, mentre “Aching Moth Pool” – di soli tre minuti – s’imprime invece vetriolitica e pulsante, caparbiamente ossessiva e puntuta. “Motivation”, suite invece di oltre quindici minuti, chiude l’album in maniera rarefatta, evocativa e delicata, andando a comporre un affresco cosmico e umbratile, sensibile e tormentato. Insomma, è uno spettro sonoro assai vasto quello esplorato da Pita, che nonostante i “retour à l’ordre” imperanti ancora guarda all’elettronica radicale come a una forza propulsiva fondamentale per tutta la musica contemporanea. Decisamente da segnalare anche l’elegante artwork di Tina Frank, designer che si muove “lungo i confini della percezione”, qui abilissima nell’imbastire – letteralmente – un’immagine di copertina fitta di grigi di quelli che a noi paiono tessuti, feltri e punti di cucito.

 

Pita – Get On