Tullio Brunone
Riflessioni 2

Recuperare il 'lusso di una pausa' che introduca un rallentamento riflessivo nell''eterno presente' senza memoria del tempo elettronico. Partire, anzi, proprio da quell'attivazione memoriale che puo' far scattare un cortocircuito poetico tra lo spazio immateriale dell'immagine catodica e la fisicita' spaziale dell'ambiente, del corpo, dell'osservatore. Cercare, cioe', nuovi percorsi linguistici all'interno del linguaggio tecnologico, indirizzarne i messaggi in funzione di un allargamento degli orizzonti di visione e dei processi di relazione. E' quanto da circa vent'anni s'impegna a fare Tullio Brunone, con installazioni e congegni meccanico-elettronici interattivi, spesso sonori, che coinvolgono lo spettatore, lo costringono a fermarsi e a sintonizzarsi con la molteplicita' di stimoli che colpiscono la percezione, ma attivano anche complesse associazioni mentali. Presupposto di fondo e' la convinzione che il ruolo dell'artista, soprattutto oggi, stia proprio in questa capacita' di produrre uno scarto riflessivo e produrre l'intensita' di un punto di vista altro sull'esistente. (a.m.)



In 'Riflessioni' una tela collocata su una parete, reagisce al segno prodotto da una matita annullando il segno stesso, sostituendolo con le sonorita' imponenti di una partitura musicale o di un percorso sonoro evocativo.
Cio' determina uno spostamento percettivo, modificando i riferimenti consueti, attribuendo al gesto una valenza asincronica che permette di scoprire aspetti sconosciuti di se stessi; lo spazio della memoria, la necessita' di compiere un percorso imprevisto, la scoperta.
La visione poi seguente, in un altro luogo e su un monitor, che i gesti sono stati registrati, in una visione a posteriori che esprime stupore per tale scoperta, mi conduce alla conclusione che la strada percorribile e' quella, come dicevo prima, del percorso al contrario. Risultano evidenti, a questo punto, le forti sincronie che sono messe in gioco oggi nell'ambito della ricerca artistica. D'altronde non e' certo una scoperta di oggi, questa. Gentile da Fabriano inseriva oggetti, nei suoi dipinti; oggi il problema ampliato alla totalita' dei sensi percettivi, allo spazio nel suo complesso. Da qui le forti motivazioni. Nelle culture africane esisteva la tradizione di praticare dei fori nelle pareti dei luoghi nei quali stava morendo qualcuno, per permettere all'anima del defunto di liberarsi e di non rimanere imprigionata nel luogo e nel corpo. In Valtellina, negli alpeggi o nelle baite, e' facile trovare dei fori nelle pareti, praticati per le stesse motivazioni. Questi fori sono la tela della installazione. Il tentativo disperato di trovare speranza nel ricongiungimento dell'anima col corpo. Questo, secondo me, e' il senso dello spazio virtuale.
Tullio Brunone


Associazione Culturale Multilink
Connessione Internet a cura di Rete Pandora.

Torna alla Virtual Light home page