L'Estetico nella Comunicazione

La comunicazione tecnologica sembra aver portato al massimo livello l'unione tra il 'contenuto' dell'informazione e il 'contenuto' dell'estetico. Come un'universale coscienza creatrice, l'universo mass-mediologico puo' pensare il mondo attraverso la continua rappresentazione di esso. Cio' che esiste, esiste dunque nelle immagini che ne contengono la presenza e ne descrivono la storia nell'infinito intreccio della 'rete'. Il mondo e' divenuto per noi completamente visibile. Non ci e' possibile credere ad altro se non a cio' che i media producono per noi; da questo punto di vista, anche l'idea del divino e' dovuta passare attraverso questa rielaborazione totale. C'e' una sorta di paradosso in questo, molto sottile: se Dio esiste, allora ci dev'essere un'immagine che lo contiene. Perfino il dogma della sopravvivenza alla morte ha trovato nella trasmissio ne dell'immagine la propria realta' finalmente visibile.

L'immagine ci esprime, in essa il contenuto dell'informazione e quello dell'estetico danno forma ai corpi che abitano il mondo e dai quali risulta la nostra esistenza.

Si tratta, del resto, di una questione gia' riconosciuta e dibattuta. Baudrillard parlava di un'indifferenza tra verita' e apparenza: la realta' prodotta dalla 'macchina' sarebbe piuttosto una realta' cosi' come la tecnologia della macchina potrebbe crearla. E la comunicazione di cui annunciava felicemente McLuhan e', ancora una volta, una comunicazione estetica; all'attenzione per il messaggio si sostituisce l'attenzione per l'immagine e il suono con cui questo si presenta alla nostra percezione.

Ora, nella storia dell'arte che aveva condannato il 'barocco', l'opposizione 'arte-decorazione' esprimeva il passaggio con cui si descriveva la decadenza dell'arte. La morbosa predilezione per il contenuto estetico dell'immagine rappresentava in realta' soltanto un valore negativo sintomo di una mancanza di tensione 'ideale'. La definizione di 'neo'-barocchismo apposta alla nostra epoca contiene, certamente, anche un richiamo negativo attinto alle categorie della storia dell'arte. Ma, di fatto, nell'evidenza contemporanea assunta dal contenuto estetico dell'immagine, noi troviamo applicata, nella forma della comunicazione, qualcosa di molto meno astratto, e molto piu' attinente alle nostre funzioni cognitive. Non era gia' Schiller a dire, nelle sue 'Lettere sull'educazione estetica dell'umanita'', che i simboli dell'arte rivelano agli uomini la verita' molto prima e meglio di ogni astrazione?

Piuttosto che indicare il sintomo di una decadenza morale, di una sensibilita' raffinata fino all'eccesso e alla morbosita', l'esasperata esteticita' della comunicazione mediale e' soprattutto la forma specifica in cui essa si offre alla nostra esperienza, il modo attraverso cui si realizza la nostra relazione con l'immagine che in essa e' prodotta.

Il contenuto estetico agisce in noi in maniera piu' immediata rispetto alle possibilita' dell'informazione. Se il contenuto dell'informazione opera in noi percettivamente in modo molto complesso, per cui le nostre funzioni cognitive sono chiamate ad elaborare il materiale della percezione per portarlo al livello del riconoscimento e della comprensione; l'estetico sembra dunque richiederci uno sforzo molto minore.

Dunque, l'estetico assolve ad un compito particolare: per mezzo di esso la comunicazione dei media risolve l'estraneita' dell'informazione rispetto alla nostra organizzazione interna e ai dati gia' fissati in noi e dai quali dipendiamo. Cio' e' possibile proprio perche' l'estetico e' in grado di operare in noi enelle nostre funzioni conoscitive direttamente al livello delle sensazioni di piacere o di dispiacere. Per questo l'immagine ha sempre un valore subliminale. Per quanto esplicita, essa contiene sempre la capacita' di toccarci dove non sappiamo difenderci, di far reagire il nostro corpo al suo piu' piccolo dettaglio, anche se apparentemente invisibile.

La comunicazione non fa circolare asettiche notizie sul mondo, affinche' noi possiamo apprendere attraverso di esse una qualsiasi idea sui fenomeni di cui siamo parte inconsapevole; la comunicazione mira sempre a suscitare una risposta, a far nascere in noi lo stimolo di una reazione; ci obbliga a subire, non tanto il contenuto del suo messaggio, inteso come informazione particolare da aggiungere alle nostre conoscenze, quanto la relativa risposta che esso, con la sua struttura formale, sollecita in noi, a livello del nostro organismo.

Dall'immagine di cibi fumanti, sui quali una mano sapiente e invisibile fa scendere un pomodoro dal colore intenso quanto la natura artificiale da cui esso deriva; fino alle riprese ravvicinate di corpi tumefatti e ferite sanguinolente, sulle quali si espande il balsamo del nostro orrore e della nostra lontana pieta'; e, ancora, l'anatomia erotica che stimola le nostre fantasie e gli organi dediti alla riproduzione del piacere...
e' sempre il nostro corpo che viene chiamato a rispondere, e che ci orienta nel mondo virtuale delle immagini. Da questo punto di vista, le numerose critiche fatte alla televisione in questi ultimi tempi, e basate proprio sulla forma di accettazione passiva che questa determinerebbe, risultano forse poco complete se, oltre al principio della liberta' del soggetto e del grado di fascinazione suscitato dalle immagini, esse non accettano come presupposto anche il grado di stimolo fisico che queste sembrano determinare.

Cosi' se l'estetico permette l'estensione del dato trasmesso, di fatto, pero', la trasmissione fa circolare sempre dati parziali: le informazioni che ci giungono sono sempre selezionate dall'ottica del mezzo di ripresa, sono sempre campi ristretti, e pertanto parziali. Piu' i media elaborano immagini del mondo facendoci credere di estendere in noi la conoscenza, piu' queste immagini risultano assolutamente irreali rispetto alla realta' di cui vorrebbero essere la 'copia'. Mentre vorrebbero riprodurre quello che chiamiamo convenzionalmente 'il mondo', che e' poi l'immagine del mondo rispetto al nostro campo visivo e al nostro grado di movimento, finiscono inevitabilmente nella creazione di un'altra realta' e di un altro mondo. Eppure, la sensazione con cui percepiamo i fatti e le notizie ci basta e ci assicura della loro verita' e della loro esistenza. Cio' che permette all'informazione questa evidenza sensibile e' appunto l'estetico. La possibilita' che ha la rappresentazione di suscitare in noi una risposta. Questo indica una certa differenza rispetto alle funzioni conoscitive e alla natura dei fenomeni psichici relativi alla conoscenza. Se per Brentano i fenomeni psichici indicano 'un rapporto a un contenuto, una direzione verso un oggetto', dove l'oggetto non e' una rappresentazione ma, piu' precisamente, qualcosa d'altro verso cui tende la coscienza; la comunicazione tecnologica riduce questo 'altro' verso cui la coscienza si apre a fenomeno rappresentato. Cosi' la conoscenza diventa relazione con una rappresentazione (non piu' con la rappresentazione della coscienza, ma con la rappresentazione data dal 'mezzo'). E nella rappresentazione e', appunto, l'estetico.

Cosi', se la ricercatezza dell'immagine sembra essere, piu' che un sintomo negativo di decadenza, il formale stesso della comunicazione; cio' che invece appare negata e' piuttosto l'idea di uno specifico per l'arte, nel senso di una sua prelazione assoluta sull'immagine.

Assumendo l'estetico, l'informazione ha potuto respingere l'arte fuori della comunicazione; di colpo, lo schermo ha reso equivalenti tra loro il luccichio del varieta' e le nere profondita' tagliate da Fontana sulla tela. L'arte e' divenuta sempre meno necessaria da quando tutti i canali televisivi del mondo, e tutte le reti telematiche, hanno potuto elargire all'umanita' incantata il loro spettacolo d'immagini e di suoni. L'ottimismo di Fontana per una televisione quale campo di esperienza per l'arte risulta, dopo l'accentramento e la spartizione politica dei canali, soltanto il sogno un po' ingenuo di quando la TV non era ancora la TV, un possibile mai realizzato. Anche l'esperienza della video-arte ha alla base una contraddizione ancora irrisolta: mentre continua a produrre immagini fruibili tramite video o videoproiezione, queste stesse immagini sono respinte dai canali della comunicazione televisiva. Semplicemente non interessano, il pubblico (e chi per lui) le considera insignificanti. Non e' intenzionato a coglierne le sollecitazioni e a farne la base del proprio universo rappresentativo. Fanno parte di un altro linguaggio.

Se l'arte e' alla ricerca di una funzione e di una riappropriazione specifica dell'estetico, non possiamo comunque pensare che questo significhi una funzione semplicemente ripetitiva o affermativa di forme ormai codificate della comunicazione mediale. Portare la propria azione e il proprio linguaggio a confrontarsi con l'azione e il linguaggio della comunicazione e dello spettacolo significa, per l'arte, svelarne il meccanismo interno, esorcizzarne la luminosa realta', quel potere, un tempo ancora suo, di evocare in noi le immagini e il ritratto della rappresentazione del vero.

Stefano Righetti



Associazione Culturale Multilink
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