Conversazione in forma di premessa

G.Perretta
Un giovane 'cow boy telematico' (come lo definisce William Gibson), ad un pubblico che vorrebbe riconoscere i tratti della realta' virtuale, descrive i diversi approdi dell'informatizzazione della nostra vita. Tra gli altri, un'inattesa possibilita' di accumulo di dati e informazioni con assoluto trionfo della figura archivistica della conoscenza a scapito, o almeno con probabili diminuzioni, di altre sue valenze come la creativita' fine a se stessa e la realta' sintetica. Il cow boy telematico aggiunge - con persuasivo ed impeccabile linguaggio, dalla non sempre facile acquisizione - che siamo di fronte ad un 'sistema di privilegi' e di selezioni per cui l'archiviazione e la memorizzazione dominano sugli altri aspetti della vita sociale, e Johnny Mnemonic si trasforma in una gigantesca mappa, dove il mondo intero e' tradotto nei suoi segni digitali. Una gigantesca mappa che non viene costruita dal singolo sul campo, con ricerche, consultazioni, confronti nei classici luoghi che ospitano documentazione, ma confezionata con la venuta presso ciascuno di noi di quanto prima si andava faticosamente a cercare. La banca dati fa servizio a domicilio, e' questa la realta'. Basta possedere gli strumenti per saperla usare convenientemente.
E' l'uomo della societa' digitale che si sta costruendo una casa in cui le informazioni, aggiunte sinteticamente le une all'altra, sono parti delle pareti, del design, dei mobili, dell'arredamento e soprattutto dell'illuminazione, del vedere, del guardare, della luce che ci orienta. Anzi qualcosa in piu', diventera' la luce, diverra' il reticolo di un agglomerato in cui l'uomo, il corpo della persona, al centro, avvertira' di essere privato della possibilita' e della ricchezza di una forma di esperienza che abbiamo legato all'immaginario dell'epoca industriale o addirittura preindustriale. La luce e' virtuale e quella che rimane fuori e' l'esperienza, ad essa subentrano altre forme, forse bisogna passare ad un'esperienza alla seconda potenza. L'eliminazione dell'esperienza fortifica il senso stesso del suo addivenire. Intanto, il nostro contatto immediato e' soltanto con i segni - in questo momento di transizione e di affermazione della realta' virtuale - vediamo solo immagini e simboli. C'e' il pericolo (ma non lo si consideri subito con la drammatica sicurezza dell'apocalittico) che si costituisca un labirinto al centro del quale l'uomo, ma anche il corpo, assuma la figura dell'isolato Minotauro. Ma esiste sempre un Teseo che viene dall'esterno, dal mondo, dall'esperienza, dalla storia che, mantenendo un collegamento con esso (il filo di Arianna), puo' giungere sino al cuore del labirinto.
Non potrebbe essere questa la funzione dell'arte nell'era digitale? Mantenere vivo un contatto concreto con la drammaticita' della nostra storia, delle nostre domande pur in un orizzonte futuro che non puo' rifiutare i mutamenti? Non viene richiesto all'arte uno specifico contributo di indagine sul rinnovamento e il ruolo del proprio linguaggio, le strutture della propria comunicazione affinche', sottoposto a mutamenti ed a crisi, il concetto della propria identita' ritrovi, attraverso lo slancio vitale della tecnologia, una sua nuova definizione ?

A.Cianciotta
C'e', nell'arte di questi anni, in quella piu' rappresentativa dei grandi cambiamenti sociali indotti dal connubio tra informatica e comunicazione,una voglia incessante di scomparire, di uscire dallo spazio ormai angusto della tela, di superare gli stessi limiti e la materialita' dei corpi. Una volonta', quasi spontanea, di dissolvere il potere un po' dittatoriale dei concetti.
Se crediamo, in sintonia con il lavoro teorico di Baudrillard, che questo accada veramente, diventa interessante domandarsi in quale spazio avviene questa sparizione, quale sia il luogo di questa perdita. Se l'arte presuppone sempre una sfida, qual e' il campo di gioco oggi, in tempi di ipermercati e home-video, dove questa scommessa viene posta in essere? Appare poco probabile che quel che resta dell'arte si disperda nelle strade, nell'idea di una creativita' diffusa, o in omaggio - prendi tre paghi due - ad un'esteticita' di massa soffice come la schiuma di un detersivo ipoallergico. Altrettanto improbabile, dopo tante derive artistiche, e' che questa scomparsa annunciata possa avvenire in un luogo soltanto, un centro, neanche sociale, o in una galleria.
L'arte non accade piu', nemmeno negli studi degli artisti: di 'anime belle', chiuse in una stanza, e 'maledettissime' mai realizzate, ne abbiamo in quantita', soprattutto in provincia. Anche la televisione, Ghezzi vorra' perdonarmi, davvero non sembra un'opera d'arte immane. Immagini proiettate direttamente sulla retina senza nessuna interazione credibile, montaggio insensibile e segmentato di non-emozioni (la sera preferisco uscire). Lo spazio dell'arte e' diventato allora un non-luogo. Il non-luogo temporaneo delle mostre, delle copertine e delle pagine non a pagamento sulle riviste d'arte. Il non-luogo della comunicazione e degli elaboratori elettronici collegati in rete, del networking orizzontale e rizomatico di connessioni e contatti. Il non-luogo teorico di chi e' ancora interessato a questa forma esangue.

A.Marino
Se c'e' qualcosa che accomuna l'esperienza artistica nelle sue diverse testimonianze, al di la' degli schemi ideologici e accademici che hanno cercato nel tempo di ancorarla ad un orizzonte univoco di precetti e funzioni, e' del resto proprio questo suo contributo ad inaugurare scarti di visione, ad aprire punti di vista diversi sul mondo. La capacita', cioe', almeno ai livelli piu' significativi, di concorrere a mutare i nostri modelli di realta', la successione dei nostri schemi mentali e percettivi. Un ruolo fondativo della soggettivita' artistica che e' stato rilanciato proprio dalla caduta postmoderna del dogma dell'obiettivismo, dalla scoperta di un'equivalenza transdisciplinare dei giochi di interpretazione del reale.
Da questo punto di vista e' interessante indagare, come vuol fare in modo agile e senza pretese di esaustivita' questa rassegna, in che modo stanno cambiando le modalita' creative, il repertorio visuale e l'identita' stessa dell'arte di fronte alle minacce e promesse dello scenario telematico, alle trasformazioni di sensibilita' e criteri cognitivi che l'interazione uomo-macchina-ambiente e l'invadenza della ragnatela digitale introducono. Naturalmente il problema non e' quello, riduttivo, di una esibizione tecnica o di una sperimentazione dei nuovi media solo sul piano formale. Coinvolge piuttosto il confronto con le implicazioni concettuali dei grandi temi che questi sollevano sul nostro presente prossimo e, appunto, il margine di legittimazione simbolica possibile oggi per una pratica come quella artistica, in continua mutazione.
'Virtual Light' tiene conto dei diversi aspetti della questione: cerca di offrire cioe' un percorso sintetico e per ragioni logistiche limitato al contesto italiano, di tale ventaglio problematico di ricerche. Gli artisti scelti si misurano direttamente con le tecnologie della comunicazione - il video, le reti telematiche, il computer, la Realta' Virtuale per evidenziarne dal di dentro limiti e risvolti creativi, suggerirne i processi impliciti di revisione categoriale. Nozioni come spazio, tempo, soggetto, autore, fruitore sono ad esempio messe in gioco nel confronto con Internet (Giorgio Vaccarino, Tommaso Tozzi) che costringe anche a pensare strategie 'politiche' per sfuggire al controllo dell' informazione. L'intervento critico sui mezzi di comunicazione, televisione in testa, comporta inoltre una rilettura delle specificita' linguistiche (Giacomo Verde, Marcello Pecchioli) o immaginifiche (Massimo Contrasto). E ancora, implica un loro utilizzo poetico senza soggezioni (Studio Azzurro, Tullio Brunone, Roberto Lucca Taroni), un'attenzione per l'ampliamento delle modalita' esperenziali e cognitive (Mario Sasso, Enrico De Maio) che investe anche i nostri tradizionali modelli di rappresentazione, il concetto stesso di realta' (Correnti Magnetiche) e di identita' (Orlan). La gamma ambivalente di temi e spunti di riflessione, lascia comunque emergere un atteggiamento progettuale comune. Suggestioni complesse, con altri risvolti (i ritmi televisivi, il corpo, l'immagine di sintesi, nuove forme teatrali...) affiorano anche nei lavori dell'ampia Sezione Video, in un tam tam trasversale di rimandi che dissolve anche sul piano della fruizione rigide distinzioni disciplinari.

A.Cianciotta
L'arte, infatti, sente il bisogno di essere in relazione con il 'tutto pieno' del grande spettacolo epocale, senza rinunciare a prefigurare ristrutturazioni per intero di un 'altro mondo'. Acutizzando la nostra percezione. Amando e odiando le strutture dell'apparenza. Diventa entusiasmante, allora, all'interno di 'Virtual Light', il confronto con un ambiente fortemente caratterizzato come quello di Palazzo Fizzarotti, che abbiamo subito favorevolmente accolto.
Il campionario eclettico degli stili, dei riferimenti e delle tecniche dispiegate nelle sue stanze, ci rimanda a un momento storico disinvolto e senza vergogna, dove il rapporto tra vedere e sapere e' completamente esibito nel suo essere simulazione. Per contrasto, la tensione immateriale delle opere esposte e' tutta da fruire. Immagine e conoscenza pari sono. Abbiamo dato la possibilita' ai fantasmi che sicuramente abitano tra gli stucchi, specchi e legni di questo suggestivo palazzo, di entrare per un po' nei computer, nella realta' virtuale, di giocare con un 'Mandala System', di passeggiare per Internet con altri fantasmi...




Associazione Culturale Multilink
Connessione Internet a cura di Rete Pandora.

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