Holly Herndon ‎– Proto

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CD – 4AD

Holly Herndon già nei suoi due album precedenti – “Movement” e “Platform” – aveva dato prova di controllare la propria vocalità in maniera originale e strutturatissima, pur fra distorsioni, effetti e cesure estreme, maneggiando alla perfezione un concettualismo spinto ma anche pulsioni clubbing (tanto da poter accedere con un proprio live a eventi come quelli del Boiler Room). Altrettanto evidente sembra, che per chi ha studiato con mostri sacri quali John Bischoff, James Fei, Maggi Payne e Fred Frith, ben altri dovessero essere gli approdi definitivi, anche se oramai, frequentando a fondo la metropoli tedesca, le tentazioni di rimanere in un’area stilistica contigua alla techno potevano essere assai forti. Così non è stato e nella relazione spinta fra corpo e tecnologia, per Holly Herndon l’unica maniera di andare avanti è stata necessariamente quella di spingersi in territori ancora più spinti verso un futuro prossimo integrato nei nostri corpi. Per la sperimentatrice cosmopolita un laptop è da tempo un’estensione naturale della sua mente e del suo corpo ed essendo la sua stessa voce il suo strumento espressivo più potente, una scelta ardita ma conseguente è stata quella di far diventare il tutto più complesso e impredicibile, aggiungendo un’ensemble di coristi. La tecnologia non è un agente disumanizzante, sottolinea la sperimentatrice, che naturalmente vorrebbe dimostrare la cosa non solo a parole, applicando a un coro molti dei tagli, delle compressioni e dei trick vocali con i quali è oramai suo agio. La vera differenza nella realizzazione di Proto sta tuttavia nella concezione e nella gestione di Spawn, un’intelligenza artificiale customizzata insieme a Mathew Dryhurst e alla programmatrice Jules LaPlace. Il software ha letteralmente imparato a riconoscere, interpretare e rielaborare ogni voce, partecipando anche direttamente alle creazioni e utilizzando reti neural per impostare ogni concatenazione musicale. Tutti gli elementi vocali sono completamente destrutturati, obliquamente ricomposti e le serie possibili ricombinanti si moltiplicano a dismisura. Nel frullatore di Herndon collidono echi di voci bulgare, gotico elettronico, canti ecclesiastici ed echi di Laurie Anderson, ma non mancano toni solenni e sintetici sentimentalismi. Umano, digitale, la logica ferrea di quest’ultimo e la sensibilità del primo, danno vita assieme a una sorta di nuova consapevolezza. Holly Herndon usa il suono come materia grezza e implementa un’estetica narrativa rendendo a Spawn la stessa duttilità e capacità di reazione di un performer. Album fondamentale e diremmo seminale di una nuova era.

 

Holly Herndon ‎– Proto