Christina Kubisch, Annea Lockwood ‎– The secret life of the inaudible

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2CD – Gruenrekorder

Erano decisamente altri anni – anche musicalmente – quelli nei quali iniziarono a conoscersi Christina Kubisch e Annea Lockwood. Attorno al 1975 la scena musicale sperimentale newyorkese non era poi cosi internazionalmente nota e anche se la prima tra le due in quelle stesse stagioni già frequentava il Conservatorio di Milano e iniziava a sviluppare seminali ricerche multimediali con l’artista italiano Fabrizio Plessi, l’altra, insegnante all’Hunter College di Manhattan, non era certo meno esperienziata, utilizzando da tempo field recording, coltivando attenzioni tutte ambientali, spesso in collaborazione con vari coreografi, poeti sonori ed artisti visivi. La loro prima collaborazione è del 1979, ad un festival a Como, quando insieme eseguirono “World Rhythms”, una piece di Annea Lockwood. Da allora non sono state poi moltissime le occasioni per incontrarsi e quando all’inizio del 2017 questo è accaduto a Berlino, l’idea d’una collaborazione è stata una conseguenza ineluttabile, frutto d’una reciproca stima e intesa. Il punto d’incontro sembra essere stato quello d’una attenzione all’inaudibile, che per entrambe le sperimentatrici costituisce una fascinazione potente, la chiave di quello che davvero influenza le nostre vite e la nostra percezione del mondo. Operando una scelta molto decisa e inconsueta, la Kubisch e la Lockwood ‎hanno scambiato i rispettivi materiali audio, lasciando che fosse reciprocamente l’altra a scegliere e mescolare in una nuova composizione le sorgenti audio in precedenza elaborate. Le due suite nate da questo scambio risuonano certamente differenti, ma allo stesso tempo sembrano come apparentate. La Lockwood ha mandato alla collega registrazioni di onde elettriche a bassa frequenza, suoni derivanti da oscillazioni solari, bocchetoni di gas e terremoti: eventi ultrasonici e infrasonici che la Kubisch ha dovuto modulare allo scopo d’essere udibili. Nell’altra direzione, invece, i materiali approntati sono stati di tipo analogico, catture auditive effettuate in presa diretta e in diverse città, secondo uno schema forse più tradizionale ma altrettanto efficace e attento alla qualità delle trame. Niente sembra mai scontato – comunque – e le due compositrici tengono alta l’attenzione dell’ascoltatore, lasciando desta e piuttosto libera l’immaginazione di ciascuno, facendo leva su una psicoacustica poco dottrinaria, seppur concettuale e un poco struggente.

 

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